di MASSIMO DI CENTA
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« Ho visto un re ... ah beh, sì beh » recitava una canzone di Jannacci. Avevo dieci anni quando uscì quella canzone, era il 1968, anno di grandi sconvolgimenti sociali. E magari Pelé non c’entrava niente nel testo, o forse sì, perché lui è stato probabilmente il primo calciatore a diventare personaggio oltre il calcio e questa è una maniera di essere rivoluzionari, invertire, cioè, un modo di essere e di pensare. E poi perché due anni dopo, ai Mondiali di Mexico ’70, ebbi la conferma che c’entrava eccome. Perché nella finale di quel Mondiale, forse, per la prima volta anch’io vidi “O rey”: eh sì, perché solo un re poteva trasformare un banalissimo colpo di testa in qualcosa di semplicemente regale! Il cross dalla sinistra di Rivellino era un cross come tanti, un pallone messo nel mezzo più per inerzia che per convinzione tecnica e invece Pelé seppe ricavarne un gol bellissimo per la semplicità del gesto: staccò un bel po' prima di Burgnich (friulano di Ruda, tra l’altro) e rimase lì, per aria, come se fosse appeso ad un ramo. E da quell’altezza inzuccò nella porta di Albertosi il gol che annunciava l’esito di un confronto che sembrava scontato. Ecco, Pelé era così, riusciva a trasformare giocate semplici in qualcosa di memorabile.
Quel gol, noi italiani, ce lo ricordiamo bene, anche perché lo avevamo visto in diretta e a quei tempi le dirette erano un previlegio. Non c’era Sky e tutta la congrega di Tv che propongono calcio praticamente ogni giorno. Pelé era il calcio: destro, sinistro, colpo di testa, tecnica che sgorga e zampilla, dando la sensazione che dove finiva il suo piede cominciava il pallone. Non so se sia stato il più grande calciatore della storia: le discussioni tra chi tra lui e Maradona sia stato il più forte sono puri esercizi dialettici: Edson Arantes do Nascimento non ha mai giocato in Europa, ed è vero, così come è vero che il suo calcio è diverso da quello di Maradona. La velocità, l’esasperazione tattica e il pressing hanno cambiato il modo di giocare, ma i gesti tecnici sono gli stessi per entrambi. Quindi? Quindi niente. Chi come me ha avuto la fortuna di vederli all’opera deve ritenersi fortunato. Punto. Anche se un pochino, diciamocelo, li abbiamo odiati, sportivamente: Pelé nella finale messicana, Maradona nella semifinale di Italia 90. A chi non segue il calcio, invece, mi piacerebbe poter dire che nel film “Fuga per la vittoria” la rovesciata del brasiliano è stata una delle poche volte in cui un attore non ha avuto bisogno della controfigura e quasi quasi mi vien da pensare che quella scena non sia stata girata nemmeno tante volte ... Adesso è bello pensare che Pelè possa giocare con Maradona, Cruyff, Eusebio, Socrates ... Eh sì, perché così si gioca solo in paradiso!