di Massimo Di Centa
Enzo Zearo, Direttore sportivo del Tolmezzo, si dice abbastanza pessimista sul futuro immediato del calcio dilettantistico. Lo stop definitivo era nell’aria e l’ufficializzazione ne è stata la conferma formale.
«In effetti ce lo spettavamo – conferma – ed in fondo è stata la logica conseguenza di quello che sta succedendo. Impensabile che mentre molte attività si fermano il calcio possa continuare. E poi, parliamoci chiaro, come potrebbero sopravvivere le società dilettantistiche senza nemmeno gli introiti, sia pur minimi, garantiti da biglietto d’ingresso e bar? Se a questo si aggiunge che anche gli sponsor hanno fatto, in un’ottica aziendale, giustamente, le loro valutazioni è chiaro che i costi diventano davvero insostenibili».
Ma le società quali proposte avrebbero potuto fare?
«Diciamo che nessuno può avere la soluzione a portata di mano, ma credo di poter interpretare il pensiero di molti affermando che la condivisone di responsabilità e aiuti economici per quanto riguarda il rispetto del protocollo sanitario potevano essere prese in maggiore considerazione da parte degli organi federali. E poi anche il fatto di esserci sentiti un po' abbandonati da parte della Federazione di sicuro non ci ha fatto piacere: non si può affidare ad un semplice comunicato il dialogo che dovrebbe esserci tra società e organi federali. Un incontro magari in video conferenza per confrontarci potrebbe servire se non altro a programmare il futuro».
Questo stop penalizza maggiormente i settori giovanili, è d’accordo?
«Il danno, dal punto di vista sportivo riguarda soprattutto i giovani. Questo lungo periodo di stop avrà ripercussioni gravissime sui ragazzi, ai quali sono stati tolti due anni di attività, col rischio di vederne molti abbandonare l’attività. Per quanto riguarda il Tolmezzo, poi, anche il probabilissimo stop del Carnico (il nostro serbatoio più importante) rappresenta un ulteriore aggravante. Per il calcio dilettantistico, insomma, ci troviamo veramente di fronte ad una situazione gravissima, anche perché c’è un altro fatto da tenere in considerazione, anche se non se n’è parlato molto in questo periodo».
E cioè?
«L’abolizione del vincolo sportivo. È facilmente immaginabile che le società sarebbero disincentivate a investire sui settori giovanili e i ragazzi si troverebbero da soli a doversi cercare una squadra che in ogni caso dovrà far fronte al costo del premio di preparazione che non dovrebbe ricadere. Probabilmente verranno confermati gli sgravi fiscali promessi ai club dilettantistici, ma è inevitabile che le società dovranno necessariamente rinunciare ai migliori prodotti allevati per anni nel loro vivaio, senza magari poterli lanciare in prima squadra e , fatto ancor più grave, non potranno neanche far cassa con la loro cessione».
E in questo potrebbero essere coinvolte anche le famiglie?
«Certamente. Non potendo contare sugli introiti garantiti dalle cessioni, aumenteranno le quote associative o addirittura, qualche famiglia arriverà a “comprare” il cartellino del figlio. Il rischio che molte società abbandoneranno i settori giovanili nel medio o lungo periodo, è concreto, insomma, senza contare l’importanza che i settori giovanili assicurano, in tema di funzione sociale, sul territorio».