di PaCo

Simone Rizzuni, origini venete ma udinese d’adozione (da nove anni nella città friulana prima per studio e poi per lavoro), la passione per il calcio c’è l’ha nel sangue. Inizia a giocare a 5 anni e a 16 inizia il corso arbitri seguendo le orme del padre. Dopo aver scalato le varie categorie ha la possibilità di arbitrare, IN FIGC, quasi 40 gare di Eccellenza. Il lavoro però lo impegna parecchio e nel 2018 abbandona la carriera arbitrale per dedicarsi ad altri aspetti della sua vita. Simone è una persona molto decisa, sul lavoro come nella vita privata, ama la compagnia e la conoscenza di nuove persone. Ma l’adrenalina che da l’arbitraggio, la voglia di rimettersi in gioco e di conoscere altre realtà è più forte della razionalità tanto che Simone decide di tornare a fischiare. Questa volta, in modo meno impegnativo ma non meno importante, sui campi degli amatori targati Lega Calcio Friuli Collinare.

Simone, nonostante la tua giovane età, sei passato dalla FIGC alla LCFC. Che ambiente hai trovato tra gli amatori?
Ho trovato l’ambiente di cui il calcio ha bisogno, a tutti i livelli: mi sono sentito subito accolto e seguito, ho trovato persone molto cordiali, disponibili e di compagnia, sia negli arbitri che nelle squadre. Ho arbitrato solamente poche partite nella LCFC; tuttavia, in tutte le occasioni, ho ricevuto ospitalità e rispetto verso la mia figura, cosa che è ho gradito particolarmente. Ho apprezzato molto l’abitudine del famoso “terzo tempo” come momento di aggregazione e di condivisione di varie esperienze, cosa che, purtroppo, in FIGC non sempre si riscontra. Nonostante la giovane età, questa esperienza non mi spaventa, anzi, mi stimola parecchio”.

Quali sono le motivazioni che ti hanno spinto a conoscere il movimento amatoriale della Lcfc?
Ho conosciuto il movimento tramite delle conoscenze sul lavoro, dalle quali ho ricevuto feedback positivi relativamente all’organizzazione e all’apertura/flessibilità di questa realtà”.

Al corso sei risultato uno dei più preparati su normativa e regole del calcio a 11. Cosa ti ha incuriosito di più nella normativa?
“Ho trovato particolarmente interessante l’unione tra i princìpi e il regolamento del calcio: ho apprezzato, in particolare, l’intento di infondere in tutti gli associati la cultura che questa organizzazione porta avanti come suo scopo principale. Non a caso, in alcune norme regolamentari, ho notato la volontà di distaccarsi dalla realtà dilettantistica/professionale per far emergere, soprattutto sui campi, l’intento di dare la possibilità a tutti di praticare lo sport che più ci piace”.

Sul campo quali ritieni siano i tuoi pregi?
Penso di essere una persona equilibrata, disponibile al dialogo e al confronto: sono dell’idea che è con questo approccio che si ottiene dalle squadre, dai dirigenti e dal pubblico il rispetto che noi arbitri chiediamo e che siamo tenuti a dare. Aggiungo, inoltre, anche un principio di umiltà, che mi permette di riconoscere eventuali errori che possono e, oserei dire, devono esserci in una realtà amatoriale”.

Hai diretto già alcune partite tra gli amatori dove non ci sono guardalinee. Quali sono, a tuo parere, le difficoltà maggiori a gestire da solo una gara?
Avendo avuto la possibilità di arbitrare con e senza guardalinee, posso affermare con certezza che la difficoltà più grande riguarda il fuorigioco; difficoltà che, in parte, può essere superata grazie ad un allenamento e ad uno spostamento in campo consoni e funzionali. Tuttavia, come dico sempre, noi arbitri abbiamo due occhi che devono controllare tutto; da parte delle squadre, finora e a tal proposito, ho trovato sempre piena comprensione, consapevoli delle difficoltà del nostro mestiere”.

Ti sei posto qualche obiettivo a livello amatoriale?
Non conoscendo ancora nel dettaglio i meccanismi e il funzionamento della LCFC, non mi sono posto obiettivi di risultato a lungo termine: la mia esperienza è partita con la volontà di tornare sui campi e divertirmi, assieme alle squadre; tutto il resto verrà di conseguenza e sarà un qualcosa di certamente guadagnato con l’impegno e la dedizione che sono solito mettere dentro e fuori dal campo”.