di MASSIMO DI CENTA

La terza posizione in classifica nel girone B di Seconda categoria al termine del girone d’andata è sicuramente un grande risultato per il Barbeano. La vetta, occupata da San Daniele e Cussignacco, è 9 punti più su ma l’entusiasmo e la positività della società biancorossa traspaiono evidenti nelle parole di Giovanni Campardo, presidente del sodalizio da 15 anni.

«Guai se non fosse così – ci dice – e vorremmo continuare il trend del girone d’andata, anche se sappiamo benissimo che per quanto riguarda il discorso promozione è difficile farsi illusioni di fronte a squadre con risorse più importanti delle nostre».

La vostra storia è molto simile a quella di altre realtà come la vostra.

«Il Barbeano è stato fondato nel 1974 ed ha sempre svolto la propria attività con dignità e molto entusiasmo. I 5 anni in Prima categoria rappresentano il risultato sportivo più alto, ma anche quando abbiamo giocato in Terza o in Seconda l’impegno e la voglia di far bene non sono mai mancati».

Una storia, la vostra, fatta di sacrifici ed autofinanziamenti …

«Eh sì, abbiamo costruito campo di gioco e spogliatoi grazie al sacrificio di dirigenti appassionati e volontari che hanno anche sostenuto le spese. Solo negli ultimi anni il comune di Spilimbergo, del quale Barbeano è una frazione, ci è venuto incontro, acquisendo la proprietà della struttura. L’impianto è in una zona demaniale e quindi dovevamo pagare l’affitto. Col passaggio di proprietà al Comune almeno non abbiamo più quella spesa: continuiamo nella gestione del campo, ma l’amministrazione comunale ci viene incontro con contributi per quel che riguarda le spese di manutenzione in generale. In più c’è sempre stato il contributo di quelli che io più che sponsor definirei amici e gli incassi del chiosco».

E il paese che rapporto ha con la squadra di calcio?

«Il nostro è un paese piccolo, di 5/600 abitanti e quindi i numeri sono quelli che sono. Però devo dire che la partecipazione alle nostre vicende agonistiche è sempre stata molto incoraggiante. Negli ultimi anni, abbiamo perso qualcosa: c’è l’offerta di altri sport e poi forse il calcio per i giovani non è così importante come qualche anno fa».

Come attività avete solo la prima squadra. Cosa significa non avere un settore giovanile?

«È una cosa che ci penalizza per due motivi: prima di tutto perché la nostra filosofia sarebbe quella di poter offrire ai ragazzi del paese un’attività sul territorio. E poi c’è anche un discorso di continuità: poter attingere dal vivaio ragazzi da portare in prima squadra garantirebbe il ricambio generazionale senza dovere cercare giocatori altrove».

Considera positiva questa prima parte di stagione?

«Direi proprio di sì. A penalizzarci è questa formula con una sola promozione che in pratica limita la competitività ad un paio di squadre per girone, con la conseguenza che sarà dura mantenere stimoli e voglia quando il risultato non conta. Non voglio assolutamente fare polemiche, ma credo che la Federazione debba provare a cambiare le regole, altrimenti nei prossimi anni sarà dura per grandissima parte delle piccole squadre come la nostra. Chiediamo una maggiore attenzione, anche per premiare i sacrifici che facciamo».

In più ci si è messa anche questa pandemia a condizionare l’attività.

«Assolutamente sì. Fra quarantene, tamponi e via dicendo è davvero difficile. Ma dobbiamo pensare in maniera più positiva. C’è già molta negatività e credo che sarebbe opportuno provare a guardare il futuro con più ottimismo, anche perché per fortuna la carica virale sembra davvero essersi attenuata. Chiaro che non dovranno mai mancare rispetto delle regole e buon senso. Ed anche in questo caso gli organi federali potrebbero venirci incontro con misure adeguate alla situazione, rivedendo qualche norma e magari dandoci un aiuto per quanto riguarda le visite mediche. Per quanto mi riguarda, sono anche disposto a ritardare la ripresa del campionato, posticipando la fine del torneo. Credo che un ulteriore stop sarebbe veramente un duro colpo, ma, ripeto, proviamo a vedere un futuro meno incerto».

Nella foto di copertina l’ingresso del campo di Barbeano